Recensioni critiche


Terenzio Del Grosso

Franco Fonzo
E’ il corpo il luogo eccelso dell’iscrizione dei segni che possono essere conformi o difformi al principio estetico dell’armonia e della sinuosità.
Ma le rappresentazioni del corpo si conformano alle funzionalità che assume nei diversi contesti storico-culturali.
Nello specifico Francesco Fonzo radica la sua indagine scultorea sul e nel corpo femminile, riesumandone però le estetiche arcaiche che rinviano alle steatopigi del Paleolitico.
Il corpo femminile è garante sin dai primordi dei principi delle forze generative nella ciclica funzione di proliferazione, prosperità, morte e rigenerazione.
L’evidente ipertrofia dei copri rappresentati segue perciò un filo conduttore che giunge dalla statuaria rituale delle cosiddette “dee madri”. Ma in Fonzo il processo elaborativo/erosivo delle forme va oltre la conformazione naturalistica, per indagare la dinamicità ricorsiva degli interstizi corporei. Nelle realizzazioni dove l’astrazione è più audace giunge a dissolvere la massa marmorea del corpo per lasciar fluttuare l’estrema astrazione di trasparenti sinuosità d’alabastro. E’ come se nello scavo di un corpo arcaico Fonzo cerchi di far riemergere le forze primarie dell’archetipo, riesumandone i principi vivificanti.
Attento alla modularità ritmiche della luce, non tralascia la cura della superficie che invita a toccare come esperienza fondante della percezione e della relazione con l’opera d’arte. La superficie costituisce perciò la mediazione tattile con la sostanzialità dell’opera che attraverso il contatto s’incarna, rivitalizzandosi, nel flusso simbolico dell’essere.
Ed ecco che le mani, sfiorando levigate superfici di luce, seguono i diversi meandri di globosità spiraliformi, suggerendo la forte energia propulsiva del segno scultoreo testo a perseguire l’armonia di un ritmo estetico vitale.

Carbonera (TV), 16 settembre 2007
Terenzio Del Grosso


Giorgio Tomaso Bagni

FRANCO FONZO

Paesaggio Umano.
Il titolo da assegnare all'intero ultimo periodo della produzione di Franco Fonzo è certamente questo: in un deserto innaturale, asettico, e proprio per questo al contempo improbabile e drammatico, si elevano sorprendenti, riconoscibili e potenti le mute sculture dell'Uomo. L'Uomo inevitabilmente scolpito: torsi, arti come rocce, ma anche muscoli come nuvole, simbolo concreto ed inquieto della propria dolente umanità. La forma, descritta grazie ad una tecnica schiettamente sicura, alla rigorosa ma discreta attenzione per i canoni compositivi, si eleva quale narrazione simbolica dell'umana avventura, tesa tra la dimensione del quotidiano e l'anelito inquietante dell'assoluto, tra le innumerevoli, incessanti esperienze che propongono e continuamente rinnovano ogni difficoltà.
Simbolo. Di più: reale (viva?) presenza! L'umanità congelata di Franco Fonzo, cittadina paralizzata di una terra ormai evidentemente stregata, perduta, si propone nella propria piena e credibile realtà, sino a compenetrare palesemente e volontariamente quell'ambiente violato, in un ultimo fortissimo, consapevole gesto.
Il Paesaggio, in origine ambiente per l'Uomo, è divenuto quindi così Paesaggio Umano: ambiente e, insieme, Uomo. Forse; ma nella casta e responsabile pittura di Franco Fonzo la meditazione si tramuta infine lucidamente in essenza: dalla rappresentazione simbolica sorge una citazione diretta, il veritiero ritratto (disperato?) di un'umanità nuda, sofferente, sventrata, in una società tristemente deserta. Alla soglia del terzo millennio ritroviamo allora un'umanità decadente, terrorizzata, quasi impazzita; un'umanità che nel dolore ha addirittura dovuto superare ogni ancestrale paura, alla spasmodica, irrazionale ricerca di un'appena velata ipotesi di finale speranza.
Forse... forse finalmente l'Arte, il canto stesso dell'Artista, questo consapevole, tenace, virile canto di dolore, darà corpo ed esso stesso diverrà per l'Uomo un tenue, estremo barlume di speranza. Per una gioia tante volte sognata, per un'immaginata, immaginaria felicità. Inspiegabile ed insperabile, in questo nostro triste giorno. E per questo, proprio per questo, domani, incredibilmente possibile.

Giorgio Tomaso Bagni
Treviso, Gennaio 1992.


Giorgio Tomaso Bagni

FRANCO FONZO A CA' DEI RICCHI

Sarà inaugurata sabato 13 Dicembre alle 18 presso la sala comunale trevigiana di Ca' dei Ricchi, nella centralissima via Barberia, una bella mostra personale di Franco Fonzo.
Ricca e dinamica, sempre originale è la produzione dell'artista trevigiano. Otto Dix, grande interprete della tendenza realistica dell'espressionismo tedesco al quale è dedicata, in questi giorni, una grande antologica a Bolzano, affermò che pochi sono gli elementi di un'opera d'Arte che possono essere colti da un critico: raramente il contenuto, il nocciolo essenziale del messaggio è organizzabile in una serie di concetti; più propriamente l'Arte è una Visione che si colloca al limite tra il sogno e l'illuminazione conscia. E Franco Fonzo, nelle sue curate figure, nella drammaticità dei volti che popolano i pastelli o gli oli come le acqueforti, sintetizza la viva ed inquietante attualità di questa visione, coinvolgendo lo spettatore in un susseguirsi incalzante di emozioni.
L'Artista trevigiano conferma così le proprie apprezzate doti di introspezione che, unite alle parimenti riconosciute capacità tecniche, portano ogni sua opera ad un dinamismo efficacissimo e sovente drammatico. Questa sua mostra è particolarmente dedicata ai pastelli ed alle acqueforti: le figure di Franco Fonzo infondono ad ogni sua opera una forza inquietante, un vigore diretto e realista.
Il segno è sempre deciso, sicuro; la scelta dei contrasti cromatici vivaci, espressivi, è sempre oculata, sapientemente meditata. Nei volti tesi, nelle mani dure, nella presenza di nudi sofferti, quasi trasfigurati, ritroviamo la consapevole angoscia dell'uomo moderno, sospeso tra il dubbio esistenziale e la precarietà dell'esperienza collettiva, sempre in bilico tra il proprio quotidiano e l'incalzare di avvenimenti enormi e paurosi: una sintesi contenutistica di rara intensità e coerenza.

Giorgio Tomaso Bagni
Treviso, Dicembre 1991.


Giorgio Tomaso Bagni

FIGURE
"... Franco Fonzo ha felicemente individuato nell'acquaforte un
naturalissimo mezzo di espressione: alla non comune precisione del segno, mirabilmente sospeso tra la freschezza dell'originalità e la sobrietà della tradizione, l'Artista trevigiano abbina l'indiscussa ricchezza contenutistica, da sempre ammirata caratteristica dei suoi vivaci oli e degli avvincenti disegni.
I bellissimi nudi sono potentemente definiti, sapientemente composti, sovente collocati tra una calibrata drammaticità ed una discreta, quasi impercettibile (ma netta!) sensualità; i suoi volti sono profondi, frutto di acuta, matura introspezione, di una meditata ed incisiva analisi del rapporto, sicuramente non semplice, che lega il pittore al soggetto. Svincolate da ogni forma di gratuito, ingannevole esotismo, le acqueforti di Franco Fonzo Danna sono pertanto espressioni di un messaggio diretto e sincero, di stati d'animo autentici e riconoscibili, pur nella loro evidente, non raramente sofferta complessità. La loro poesia è caldamente attuale e coinvolgente, riferita profondamente alle inimitabili, misteriose sfumature che collegano la dolcezza e la malinconia dell'animo umano..."

Giorgio Tomaso Bagni -

Treviso, 16 marzo 1989

M.G. - Gennaio 1987

Una città di silenzi
Ci si interroga spesso su cosa l'arte figurativa realmente rappresenti, nel senso di cosa possa essere il suo oggetto, e se, poi, il suo oggetto sia del tutto esclusivo, o se invece sia, per così dire, in comproprietà con altre forme e manifestazioni artistiche. Ebbene, è evidente che la pittura, e tutte le situazioni ad essa collegate, raccontano una realtà che è diversa e diversamente evidente, rispetto, ad esempio, a musica e letteratura.
Così la resa dello spazio, e uno spazio propriamente urbano come avviene nelle opere di Franco Fonzo, diventa evocatrice di magia, di silenzi sospesi.
È come se la città si disponesse ad essere un contenitore che noi osservatori riempiamo delle nostre segrete speranze, o sogni diversi da quelli della realtà. E se e incontriamo il luogo, e proprio quel luogo, ci nasce la consapevolezza di vivere nel mondo ancorati ad un punto preciso, e quel punto preciso è fonte d'emozione perenne. Giusto per questo motivo risulta così fondamentale la geografia del cuore, che non lascia spazio per le cose banali, ma sempre ricerca la precisione, la nitidezza, la sofferta verità del sentimento.
E le vedute di Treviso che Fonzo ci propone in questa mostra stanno a significare che il tempo non s'è fermato, ma che, passo passo, prosegue il suo cammino. E la città ha cambiato i suoi abitanti , o una parte di essi.
Qualcuno muole, altri nascono ancora, le vie sono piene di gente nel Natale imminente, e niente s'arresta.
Solo la riflessione sulla vicenda umana può nascere da mille situazioni, anche le più diverse ed imprevedibili.
Perchè ci si può commuovere per il tempo che va avanti, ed avvertire quella malinconia solenne del crepuscolo, quel senso del "mi viene da piangere", come scrisse Goffredo Parise in una sua pagina esemplare. Ecco che l'arte figurativa ci soccorre in questo, in modo diverso dalla parola, e così estremamente personale. Questa volta attraverso Ie acqueforti di Franco Fonzo .
M.G. - Gennaio 1987